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Manlio Sgalambro. Breve invito all’opera

Singolare figura di pensatore, personaggio capace di evocare l’antica figura del filosofo quale si presentava prima della cattività accademica e al contempo di flirtare con il pop più spudorato, Manlio Sgalambro attende ancora chi possa ritrarlo nella sua sorprendente personalità.Questo agile volume che brevemente esplora l’opera di Sgalambro come filosofo, teologo, poeta e librettista, si pone su questa strada come passaggio necessario per comprenderne l’ancora misconosciuto discorso. Tra idiosincrasie, compiacimento della propria inattualità e lavoro sulla scrittura, queste pagine presentano un viaggio nel pensiero di uno dei pochi contemporanei che non ha temuto di pensarsi solo come filosofo.Testi di Davide Miccione, S. Ivan D’Agostino, Giovanni Miraglia e Cosimo Cucinotta.

€15.00

Dettagli

Pagine

197

Pubblicazione

2017

Indice

Breve invito a non rinviare la lettura
di Davide Miccione

I molti nomi del filosofo
di Davide Miccione

Manlio Sgalambro: Pessimismo e misoteismo
di S. Ivan D'Agostino

Caravanserraglio d'argomenti
di Giovanni Miraglia

Un Cavaliere dell'intelletto: Manlio Sgalambro
di Cosimo Cucinotta

Bibliografia Generale a cura di S. Ivan D'Agostino
Profili degli autori

ISBN

978-8894014355

Autore

a cura di Davide Miccione

Davide Miccione, filosofo e consulente filosofico. Ha diretto per un decennio Phronesis, semestrale di consulenza filosofica. Ha svolto attività di ricerca e docenza in filosofia morale ed estetica per diverse Università e diretto collane editoriali. Ha pubblicato saggi e volumi di critica filosofica della contemporaneità.

  • Descrizione

Recensioni

Manlio Sgalambro e il suo pensiero tagliente nel “Breve invito all’opera”

Si tratta di un testo per adulti maturi, sconsigliato per chi, deposto il paracadute di visioni religiose o ideologie consolatorie, non abbia sufficiente coraggio per accostarsi alla lama tagliente del pensiero – lucido e impietosamente pessimista – di Sgalambro. Davide Miccione, curatore del testo, e gli altri tre studiosi co-autori del volume, Cosimo Cucinotta, Salvatore Ivan D’Agostino e Giovanni Miraglia, ci presentano il filosofo di Lentini attraverso scorci significativi della sua opera intrigante e poliedrica, che mette in crisi tante nostre certezze, ma a cui non si può negare sapienza, acutezza e autenticità speculativa. Ai più conosciuto solo per il felice sodalizio col conterraneo Franco Battiato – per il quale ha scritto, tra gli altri, i testi de “L’ombrello e la macchina da cucire”, de “L’imboscata” e per cui ha curato il libretto dell’opera musicale in due atti “Il cavaliere dell’intelletto” (raccontata nella parte finale del saggio da Cosimo Cucinotta) – chi era davvero Manlio Sgalambro? “Qualcuno che poneva tra sé e il mondo (…) non la professione (non ne aveva), non la cattedra (…), non la laurea (mai conseguita). Solo la filosofia”: un vero filosofo dunque, testimonia Davide Miccione, che ha avuto il privilegio di essergli amico. Sgalambro, continua Miccione, è stato uno dei pochi filosofi italiani contemporanei non accademico: autodidatta, si è definito “chierico”, umile servo della verità filosofica, sforzandosi di eludere ogni legame con la sua dimensione biografica e localistica “per mantenersi in una sfera che gli assicurasse una genesi esclusivamente teoretica del suo pensiero”. A cosa approda il pensiero di Sgalambro, che si esprime con una prosa scintillante e acuminata? A una visione dissacrante, anticonformistica e pessimistica della realtà, che ritiene fallaci le idee illuministiche di libertà, progresso, democrazia: “Tutte le cose su cui siamo abituati a fondare la convivenza tra uomini (…) dall’etica alla religione, dalla scuola alla democrazia, vengono da Sgalambro negate o radicalmente modificate o svuotate, fino a farle apparire meri involucri”. Di conseguenza: “l’idea di un’interazione forte e continua (…) con la società (…) sembra abbisognare di presupposti illuministi, democratici, progressisti che poco hanno a che vedere col suo pensiero.” Posizione chiaramente sintetizzata da Salvatore Ivan D’Agostino che, a proposito della filosofia di Sgalambro, parla di un “pessimismo misoteistico”, già delineato nella prima opera dell’autore “La morte del sole”: “Se conoscere vuol dire dare un nome alle cose, pensare pessimisticamente è pensare davvero”. C’è una sorta di verità empirica nel pessimismo; infatti: “Sgalambro punta tutto (o quasi) sul dato che la verità viene dall’esterno (…) tale verità non è un parere (…) bensì una conoscenza incontestabile”. “La conoscenza della fine termica del mondo (anche se fra cento miliardi di anni) … è il punto di vista privilegiato che la verità può consentire. (…) Non è che nulla abbia senso, bensì che il senso sia anche troppo e che sia negativo: tutto si distruggerà”. In conseguenza di tale oggettiva percezione del reale, la concezione del divino non può che essere ‘empia’ e negativa: “Il nome di Dio può essere usato solo per indicare i limiti del mondo, la morte e la distruzione”. L’estrema conseguenza di tale idea del divino è quindi il misoteismo, l’odio per Dio: “reazione emozionale alla sindrome di Stoccolma religiosa secondo la quale siamo costretti … ad amare l’essere (supposto) che ci tiene in miseria, ci fa soffrire ed alla fine immancabilmente ci uccide”. Chi sale e chi scende allora, tra i filosofi, nel ristretto Parnaso delineato da Sgalambro? Tranne Husserl, irrisi quasi tutti i pensatori del Novecento: Heidegger, Jonas, Gadamer, Habermas, Ernst Bloch, Hanna Arendt. Tra i filosofi meno recenti, stima imperitura per Spinoza e Schopenhauer.Giovanni Miraglia, infine, tratteggia alcune costanti delle “stazioni impoetiche” del filosofo che, “come un uomo della Grecia arcaica”, non conosce steccati tra filosofia, scienza, musica e letteratura e fa dei suoi versi “un’acuminata arma di disvelamento intellettuale”per fustigare imposture e marcescenze del pensiero, col “basso continuo” di una severa ironia che aspira a togliere alla poesia ogni funzione salvifica.Coraggio, allora: approfittiamo di questo libretto prezioso per misurarci con l’umanissimo, intrigante pensiero di Sgalambro che, se ci ricorda: “Si sa chi si è, da dove si viene e dove si va. Al postutto si è garantiti”, alla fine ci consola così: “Attraverso il dolore di vedere il mondo in un disordine mostruoso, si fa luce la gioia di sapere in ordine la propria mente.”

                                                                                                                      MARIA D’ASARO 

                                                                                           4 maggio 2018 in Siciliainformazioni.com

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Crediti: Domino Grafica