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L’isola plurale. Scrittori e cose di Sicilia

Questo volume, sotto lo schermo di un titolo chiaramente bufaliniano, raccoglie i tentativi di Paolo Fai di cartografare la complessa e cangiante realtà letteraria (con importanti aperture su quella politica e antropologica) della Sicilia novecentesca. Un Novecento, quello letterario siciliano, “secolo lungo” sondato attraverso Verga e Pirandello (fantasma meridiano di Croce), Sciascia sentinella della ragione e Vittorini alfiere della passione politica e civile, giù fino alle voci più recenti (esemplare in tal senso la demitizzazione di Camilleri e l’analitico e passionale omaggio a Consolo) e ai quasi dimenticati (Aglianò e Mezio). Un dialogo con i libri e attraverso di essi con le vite nostre ed altrui che ci ricorda cosa possa e cosa debba essere la letteratura.

€15.00

Dettagli

Pagine

177

Pubblicazione

2018

Indice

La lancia di Don Chisciotte
di Sebastiano Burgaretta

Il sorriso dell’ignoto marinaio
tra impegno civile e sperimentalismo linguistico

Conversazione a Siviglia

Il Consiglio d’Egitto

Il Quarantotto

Alessandro Manzoni tra Gramsci e Sciascia

Flaubert, Proust e Verga

Verga tra romanzo e teatro

Pirandello fascista…pirandelliano

Una lettura di Conversazione in Sicilia

Vittorini e Mezio: storia di un’amicizia

La memoria di Elvira

Su Camilleri e il “camillerese”

Ogni altra vita

La banda Sacco

La parrucchiera di Pizzuta

L’Isola dei Cani Gran Riserva

In memoria di Severino Santiapichi

Fine pena: ora

Storia vera e terribile tra Sicilia e America

Sebastiano Aglianò (1917-1982)

La rivincita di Pirandello

Nota dell’autore

ISBN

978-8894014372

Autore

Paolo Fai

Paolo Fai, nato nel 1949, docente per quarant’anni nei Licei classici, redattore della rivista siciliana «Notabilis», collabora con le pagine culturali dei quotidiani «La Sicilia» e «Libertà» e con la rivista «Critica liberale».
Si occupa principalmente di Storia greca, critica letteraria e politica. Su questi temi ha pubblicato le raccolte di saggi Il vizio della rosa (2008); Atene – democrazia e teatro, (2015); La bella politica e altre anomalie (2016).
Traduttore dal francese e dal greco (Les oligarques di Jules Isaac nel 2016 e Lettera agli Ateniesi dell’imperatore Giuliano nel 2017, entrambi per Sellerio), a lui si deve anche il recupero della figura del siciliano critico d’arte e collaboratore del «Mondo» Alfredo Mezio, di cui ha raccolto, con Corrado Sofia, gli Scritti d’Arte (1995).

  • Descrizione

Recensioni

L’isola plurale, saggi e recensioni di Fai

Il rapporto letteratura/vita e la relazione intercorrente tra arte/impegno sociale e coscienza civile hanno alimentato una quaestio non chiusa, in cui critici delle varie arti, a questo deputati ,e sociologi, politologi, in varia misura e talvolta con incerta legittimazione, hanno discusso, anche in questi ultimi decenni, spendendo molte energie intellettuali e non poche parole, senza mai pervenire ad una posizione serenamente condivisa, anche perché talvolta l’obiettivo ragionare è stato inquinato da “pregiudizi” ideologici e capziosi sillogismi. Di questo e di altro si è parlato alla Galleria il Cerchio, in occasione della presentazione del libro di Paolo Fai, L’isola plurale. Scrittori e cose di Sicilia, raccolta di 21 tra saggi e recensioni, in parte inediti, in parte già pubblicati su riviste e quotidiani. Il presentatore del volume, Sebastiano Amato, presidente della Società Siracusana di Storia Patria, proprio su queste problematiche si è, infatti, trattenuto, presentando il volume, collettaneo in apparenza, ma “ideologicamente” molto unitario. Ha volto la sua attenzione-sviluppando un discorso che ha definito ironicamente metacritico – soprattutto al primo saggio, il più ampio, articolato e significativo, Il sorriso dell’ignoto marinaio tra impegno sociale e sperimentalismo linguistico, che dà senso a tutta la raccolta. Dopo aver messo in luce l’impegno sociale e la risentita coscienza civile dello scrittore di Sant’Agata di Militello, che Fai considera gli elementi fondanti del romanzo storico-metaforico e di tutta l’opera di Consolo, e sua, ne ha esaminato i punti di origine: Manzoni, Verga, Vittorini, Sciascia, evidenziando come il Sorriso, con la sua speranza nel riscatto, si opponga a un altro capolavoro della letteratura siciliana, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, orientato in senso conservativo, quasi deterministico. Ma di non minore peso , anzi forse il contrario, si è rivelata, nel corso della presentazione, la straordinaria inventio linguistica, che ha permesso a Consolo di proseguire la lezione di Gadda e di Pasolini e di pervenire a quello che egli definì passaggio dalla scrittura comunicativa, del neorealismo e dell’illuminista Sciascia a quella espressiva. In realtà, non tanto il contenuto, quanto il pastiche linguistico, originale e nuovo, che ne deriva, fatto di un impasto di termini dotti e popolari, correnti e desueti, italiani e siciliani, derivati greci e latini, ha permesso a Consolo di scrivere un’opera originale, un vero capolavoro, grande esempio di equilibrata soluzione  fra la materia alla base del romanzo, i fatti storici e politici, in cui si riverbera l’amarezza dell’autore, impegnato nobilmente dalla parte dei senza voce contro l’ingiustizia e l’impostura della Storia, e la cangiante e poetica veste stilistica.

                                                                                                                R.S.
                                                                                                       La Sicilia 22 Dicembre 2018

 


 

La Sicilia “Isola plurale” nella società liquida di oggi.

È uscito di recente (presso Lettere da Qalat) un libro di Paolo Fai intitolato “L’isola plurale”, che raccoglie diversi saggi originali sulla metafora ideale della Sicilia come Isola, e altri ne ripubblica, rivisti dalla attuale prospettiva, già apparsi su questa testata e in altre. È una silloge di discussioni sul modo siciliano di intendere la letteratura: parte dai nomi illustri di Verga, Pirandello, Vittorini, per approdare a quelli di altri intellettuali non meno arditi ma rimasti, per ora, in penombra. Descritta così potrebbe sembrare una antologia di considerazioni sulla cultura moderna d’Italia nella prospettiva della società liquida che ci circonda. La prospettiva è proprio questa, ma i modi del discutere sono ben diversi. E per questo il volume si raccomanda al lettore che non vada alla ricerca del consenso, del like, del tweet. Con questo abbiamo già descritto la natura degli scritti. Fare riflettere sui grandi temi della cultura attuale, indicarne le scappatoie. Senza alcuna pretesa di additare percorsi sicuri, ma con la certezza che chi ragiona in proprio potrà anche sbagliare, ma se non altro con dignità, mentre chi corre appresso allo strofinaccio degli ignavi, non sentirà mai la dignità del pensare con la propria ragione. Un esempio tra i moltissimi. Diversi anni addietro ci fu un docente di liceo che propose di sostituire, nel programma, il romanzo manzoniano con uno di Camilleri. Ovviamente generò scalpore tra i farisei della cultura ed entusiasmo tra i sanculotti rivoluzionari salottieri. Paolo Fai indica i termini della questione, che scruta i precedenti, ne suggerisce gli sviluppi e invita alla riflessione. Lo stesso Manzoni era poco convinto della sua opera se la rifece tre volte, con vistose variazioni e ogni giorno si recava in tipografia con nuovi fogli di ripensamenti, anche minimi, ma non certo casuali, che hanno messo a dura prova la acribia dei più periti filologi. Questo significa che nei fatti spirituali (di cui la letteratura non è che la proiezione) non esistono posizioni definitive, ma tematiche momentanee da mettere in linea con gli sviluppi imprevedibili degli umani accidenti. Leggete (pag. 143 e ss.) il ritratto di Rosa Lentini, filologa nel bailamme delle accademie, e comprenderete lo spirito del libro, che è il vecchio invito di Delfi rivolto agli umani: inutile indagare la infinita realtà universale. Troppo vasta. Ma si può indagare se stessi e quelli che ci circondano. Tenendo fermo il senso del vivere e dell’agire che ci compete. E allora acquistano rilievo i dubbi di Verga ,ultimo esponente di una nobiltà decaduta; quelli di Sciascia, ultimo liberale di una società malata di assiomi; dell’autore del Gattopardo che si vide rifiutato il proprio capolavoro da Vittorini e trovò accoglienza nella tipografia di Feltrinelli radical chic quanto si vuole, ma che dette al mondo la prima edizione in russo del Dottor Zhivago, con tutto quello che questo comportò. Ci sono i massimi autori della cultura occidentale moderna in questo volume di 176 pagine: e ci stanno tutti comodamente perché ogni riga delle discussioni che li riguardano spazia su vastissimi percorsi di pensiero, di giudizio autonomo, di dibattito aperto. L’isola plurale è la Sicilia: che però potrebbe essere l’America imbastardita di Faulkner o la Parigi sognata da Vittorini. A condizione, ovviamente, di non trasformare la fervida immagine personale negli schemi insulsi della scolastica.

                                                                                                                                                        Sergio Sciacca

                                                                                                                                                  La Sicilia 1 Ottobre 2018 

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Crediti: Domino Grafica